Apr 22, 2025 | Articoli

Francesco è vivo

Admin

Admin

21 aprile 2025, di Domenico Gallo

Il dolore per la scomparsa di Francesco non può far prevalere la tristezza sulla gratitudine per il messaggio che ci ha lasciato. Voglio ricordare le sue parole di pace in un saggio che ho scritto sul suo magistero

pubblicato su costituzionalismo.it

LA PACE ATTRAVERSO IL DIRITTO

 NEL MAGISTERO DI PAPA FRANCESCO

  1. La Pace ed il Diritto nell’Ordinamento internazionale

E’ un dato di fatto che il progetto di ordine internazionale, preannunciato dalla Carta Atlantica (14 agosto 1941), partorito con la Carta delle Nazioni Unite (26 giugno 1945) e fondato sulla Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948), non si è mai completamente realizzato e adesso sta attraversando una crisi profonda che ne mette in dubbio persino l’esistenza giuridica dei suoi assiomi principali. L’ordine internazionale prefigurato dalla Carta ONU in qualche modo raccoglieva la sfida del perseguimento di una pace stabile ed universale fra le Nazioni da realizzarsi attraverso il diritto, sulla falsariga dell’insegnamento di Hans Kelsen in Peace through Law.[1] La novità principale del nuovo diritto internazionale post-bellico consisteva nella messa al bando della guerra, proclamata categoricamente dall’art. 2, comma 4, della Carta di San Francisco: «I membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite.»

La Carta delle Nazioni unite non ha messo la guerra fuori dalla Storia (non avrebbe potuto), ma l’ha messa fuori dal diritto[2], espungendo dalle prerogative della sovranità lo ius ad bellum, o quanto meno degradandolo.[3] Si è trattato di una scelta politica che ha cambiato la natura del diritto realizzando la fusione fra la tecnica giuridica ed un’istanza etica di valore universale. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha completato questo processo attraverso l’inserimento nel diritto internazionale di una tavola di valori che mette al centro la dignità di ogni essere umano, in questo modo ponendo le basi del diritto internazionale dei diritti umani. Questa è stata la vera lezione positiva che l’umanità ha tratto uscendo dalla notte della Seconda guerra mondiale, la gloria del Novecento (come scriveva Italo Mancini)[4], il patrimonio morale che l’Occidente (compresi i Paesi socialisti) ha costruito per l’umanità intera.

Il diritto internazionale, sotto il profilo del bando della guerra e della tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, si colloca su un crinale aspro e roccioso, battuto dai venti della Storia, alla frontiera fra la Storia e la filosofia, fra l’etica e la tecnica del diritto. A questa frontiera si può arrivare da più versanti, attraverso il sentiero della Storia o del pensiero filosofico o attraverso quello dell’etica. E’ attraverso il sentiero dell’etica che Papa Francesco è arrivato a confrontarsi con il diritto internazionale e ad ergersi, unico leader politico mondiale, a difensore dei valori universali del diritto, non più e non solo Defensor fidei, ma –  per quello che più ci riguarda – Defensor iuris humanitatis.

2. Prima di tutto la pace!

La pace è al centro del messaggio dell’evangelizzazione cristiana.

«Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo – osserva Francesco nel messaggio per la celebrazione della LII giornata mondiale della pace, il 1° gennaio 2019 – E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana. (..) La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.»[5]

Bergoglio sa che la pace fra le Nazioni si costruisce nell’ordinamento politico e gli strumenti sono quelli forniti dal diritto internazionale, in primis la Carta delle Nazioni Unite, per questo, come leader politico, si spende per dare attuazione alla Carta.

Il 25 settembre 2015 di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni unite sottolinea che: «il preambolo e il primo articolo della carta delle Nazioni unite indicano quali fondamenta della costruzione giuridica internazionale la pace, la soluzione pacifica delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli fra le Nazioni. Contrasta fortemente con queste affermazioni, e le nega nella pratica, la tendenza sempre presente alla proliferazione delle armi specialmente quelle di distruzione di massa come possono essere quelle nucleari. Un’etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca – e potenzialmente di tutta l’umanità – sono contraddittori e costituiscono una frode verso tutta la costruzione delle Nazioni unite che diventerebbero: “”Nazioni Unite dalla paura e dalla sfiducia“”. Occorre impegnarsi per un mondo senza armi nucleari applicando pienamente il trattato di non proliferazione nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi strumenti.»[6]

Nell’Udienza generale del 10 marzo del 2021, il Pontefice ritorna sulla disumanità della guerra, la guerra è un mostro che distrugge l’umanità e il mondo:

«La guerra è il mostro che, col passare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra, la risposta alle armi non sono altre armi (..) la risposta non è la guerra ma la fraternità. Questa è la sfida per l’Iraq, ma non solo: è la sfida per tante regioni di conflitto, e in definitiva è la sfida per il mondo intero: la fraternità. Saremo capaci noi di fare la fraternità fra noi, di fare una cultura di fratelli? O continueremo con la logica iniziata da Caino, la guerra?» [7]

Nell’Enciclica Fratelli tutti, Francesco esprime la preoccupazione per il crescente degrado dell’ordine internazionale e conia la famosa espressione della «Terza guerra mondiale a pezzi».

«Guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tanti soprusi contro l’umano giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a determinati interessi, essenzialmente economici. Ciò che è vero quando conviene a un potente cessa di esserlo quando non è nel suo interesse. Tali situazioni di violenza vanno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una Terza guerra mondiale a pezzi.»[8]

3. Il Ripudio delle armi nucleari attraverso il diritto

Francesco si rende conto che dal ripudio della guerra, concepita realisticamente dalla Carta dell’ONU come un flagello per l’umanità, deriva l’inammissibilità delle armi di sterminio di massa, specialmente le armi nucleari. La strada per liberarsi delle armi nucleari passa attraverso il diritto. Il disfavore dell’opinione pubblica verso le armi nucleari ha portato più volte l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a dichiarare che l’uso delle armi nucleari rappresenterebbe una violazione della Carta dell’ONU ed un crimine contro l’umanità, fino ad arrivare ad una Risoluzione, approvata il 15 dicembre 1994, con la quale l’Assemblea Generale ha interpellato la Corte Internazionale di Giustizia richiedendo un parere consultivo sulla liceità delle armi nucleari. Nel giudizio che si è svolto innanzi alla Corte dell’Aja, tutti gli Stati membri della NATO, compresa l’Italia, sono intervenuti chiedendo di rigettare la richiesta, assumendo che la questione non poteva essere giudicata dal diritto. La CIG si è pronunciata con una sentenza resa pubblica l’8 luglio 1996 con la quale ha respinto decisamente la tesi che voleva relegare la questione dell’uso delle armi nucleari al di fuori del perimetro del diritto confinandola nel campo delle “political question”, ed ha affermato che, nella generalità dei casi, l’uso delle armi nucleari è illegale perché inconciliabile con il diritto bellico umanitario. La battaglia per la messa al bando delle armi nucleari è proseguita in sede ONU, fino ad arrivare ad una storica Risoluzione, approvata dall’Assemblea Generale il 26 dicembre 2016, con la quale è stata convocata una Conferenza internazionale finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari. La Conferenza ha concluso i suoi lavori adottando il testo di un Trattato per la messa al bando e la totale eliminazione delle armi nucleari. Il Trattato è stato approvato da 122 paesi (quasi due terzi dei membri dell’ONU) il 7 luglio 2017 ed è entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Inutile dire che i Paesi membri della NATO hanno cercato di boicottare i lavori della Conferenza internazionale rifiutandosi perfino di parteciparvi (salvo l’Olanda, inviata come osservatore). Al contrario, Papa Francesco ha assunto la battaglia per la messa al bando, nell’ordinamento politico, delle armi nucleari come un impegno centrale del suo magistero.

Il 23 marzo 2017 ha inviato un messaggio di sostegno e di incoraggiamento ai lavori della Conferenza:

«Saluto cordialmente Lei, Signora Presidente, e tutti i rappresentanti delle varie Nazioni, Organizzazioni Internazionali e società civile che partecipano a questa Conferenza. Desidero incoraggiarvi a lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari». Dopo aver richiamato il proprio intervento di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015, osserva il Pontefice:

«Se si prendono in considerazione le principali minacce alla pace e alla sicurezza con le loro molteplici dimensioni in questo mondo multipolare del XXI secolo, come, ad esempio, il terrorismo, i conflitti asimmetrici, la sicurezza informatica, le problematiche ambientali, la povertà, non pochi dubbi emergono circa l’inadeguatezza della deterrenza nucleare a rispondere efficacemente a tali sfide. Siffatte preoccupazioni assumono ancor più consistenza quando consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo e nello spazio. Simile motivo di preoccupazione emerge di fronte allo spreco di risorse per il nucleare a scopo militare, che potrebbero invece essere utilizzate per priorità più significative, quali la promozione della pace e dello sviluppo umano integrale, così come la lotta alla povertà e l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Dobbiamo anche chiederci quanto sia sostenibile un equilibro basato sulla paura, quando esso tende di fatto ad aumentare la paura e a minare le relazioni di fiducia fra i popoli. La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di potere. La pace deve essere costruita sulla giustizia, sullo sviluppo umano integrale, sul rispetto dei diritti umani fondamentali, sulla custodia del creato, sulla partecipazione di tutti alla vita pubblica, sulla fiducia fra i popoli, sulla promozione di istituzioni pacifiche, sull’accesso all’educazione e alla salute, sul dialogo e sulla solidarietà. In questa prospettiva, abbiamo bisogno di andare oltre la deterrenza nucleare: la comunità internazionale è chiamata ad adottare strategie lungimiranti per promuovere l’obiettivo della pace e della stabilità ed evitare approcci miopi ai problemi di sicurezza nazionale e internazionale. In tale contesto, l’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida, sia un imperativo morale e umanitario. Un approccio concreto dovrebbe promuovere una riflessione su un’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale che vada al di là della “paura” e dell’“isolazionismo” che prevale oggi in numerosi dibattiti. Il conseguimento di un mondo senza armi nucleari richiede processi di lungo periodo, basati sulla consapevolezza che “tutto è connesso”, in un’ottica di ecologia integrale (cfr. Laudato si’, 117, 138). Il destino condiviso dell’umanità richiede di rafforzare, con realismo, il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari. La crescente interdipendenza e la globalizzazione significano che qualunque risposta diamo alla minaccia delle armi nucleari, essa debba essere collettiva e concertata, basata sulla fiducia reciproca. Quest’ultima può essere costruita solo attraverso un dialogo che sia sinceramente orientato verso il bene comune e non verso la tutela di interessi velati o particolari; questo dialogo dovrebbe essere il più inclusivo possibile di tutti: Stati nucleari, Paesi non possessori di armi nucleari, settore militare e quello privato, comunità religiose, società civile, Organizzazioni internazionali. In questo sforzo dobbiamo evitare quelle forme di recriminazione reciproca e di polarizzazione che intralciano il dialogo invece di incoraggiarlo. L’umanità ha la capacità di lavorare insieme per costruire la nostra casa comune; abbiamo la libertà, l’intelligenza e la capacità di guidare e dirigere la tecnologia, così come di limitare il nostro potere, e di metterli al servizio di un altro tipo di progresso: più umano, più sociale e più integrale. Questa Conferenza intende negoziare un Trattato ispirato da argomenti etici e morali. Si tratta di un esercizio di speranza e mi auguro che possa rappresentare anche un passo decisivo nel cammino verso un mondo senza armi nucleari. Sebbene questo sia un obiettivo di lungo periodo estremamente complesso, non è al di fuori della nostra portata. Signora Presidente, formulo i miei migliori auguri affinché i lavori di questa Conferenza possano essere proficui e diano un contributo efficace nell’avanzamento di quell’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno».[9]

Del resto, Papa Francesco aveva già espresso chiaramente il suo pensiero e si era pronunciato sulla follia criminale delle armi nucleari, nel messaggio in occasione della Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, Vienna 7 dicembre 2014:

«Le armi nucleari – osserva il Pontefice – sono un problema globale, che colpisce tutte le nazioni, e avranno un impatto sulle generazioni future, come pure sul pianeta, che è la nostra casa. Occorre un’etica globale se vogliamo ridurre la minaccia nucleare ed operare per un disarmo nucleare. Ora più che mai, l’interdipendenza tecnologica, sociale e politica esige urgentemente un’etica di solidarietà (cfr Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 38), che incoraggi i popoli ad operare insieme per un mondo più sicuro ed un futuro che sia radicato sempre più nei valori morali e sulla responsabilità in una dimensione globale. Le conseguenze umanitarie delle armi nucleari sono prevedibili e planetarie. Mentre spesso ci si concentra sul potenziale delle armi nucleari per le uccisioni di massa, si deve porre maggior attenzione sulle “sofferenze non necessarie” causate dal loro uso. I codici militari e il diritto internazionale, tra gli altri, hanno da tempo condannato persone che hanno inflitto sofferenze non necessarie. Se simili sofferenze sono condannate nel corso di una guerra convenzionale, allora dovrebbero ben di più essere condannate nel caso di conflitto nucleare. Vi sono coloro, tra noi, che sono vittime di tali armi; essi ci mettono in guardia a non commettere gli stessi irreparabili errori, che hanno devastato popolazioni e la creazione. Porgo i miei calorosi saluti agli Hibakusha, come pure alle altre vittime degli esperimenti delle armi nucleari, presenti a questo incontro. Incoraggio tutti loro ad essere voci profetiche, richiamando la famiglia umana ad un più profondo apprezzamento della bellezza, dell’amore, della cooperazione e della fraternità, ricordando allo stesso tempo al mondo i rischi delle armi nucleari, le quali hanno il potenziale di distruggere noi e la civiltà. La deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono essere la base di un’etica di fraternità e di pacifica coesistenza tra i popoli e gli Stati. I giovani d’oggi e di domani hanno diritto a molto di più. Hanno il diritto ad un pacifico ordine mondiale, basato sull’unità della famiglia umana, fondato sul rispetto, sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla compassione. Il tempo di contrastare la logica della paura con l’etica della responsabilità è adesso, così da promuovere un clima di fiducia e di dialogo sincero. Spendere in armi nucleari dilapida la ricchezza delle nazioni. Dare priorità a simili spese è un errore e uno sperpero di risorse che sarebbero molto meglio investite nelle aree dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della salute e della lotta all’estrema povertà. Quando tali risorse sono dilapidate, i poveri e i deboli che vivono ai margini della società ne pagano il prezzo. Il desiderio di pace, di sicurezza e di stabilità è uno dei desideri più profondi del cuore umano, poiché esso è radicato nel Creatore, che fa membri della famiglia umana tutti i popoli. Tale aspirazione non può mai essere soddisfatta soltanto da mezzi militari, e meno che mai dal possesso di armi nucleari ed altre armi di distruzione di massa. La pace non “può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione” (Gaudium et spes, 78). La pace deve essere costruita sulla giustizia, sullo sviluppo socio-economico, sulla libertà, sul rispetto dei diritti umani fondamentali, sulla partecipazione di tutti agli affari pubblici e sulla costruzione di fiducia fra i popoli. (..) Nel contesto della presente Conferenza, desidero incoraggiare un dialogo sincero e aperto tra parti che sono all’interno di ogni Stato che possiede armi nucleari, fra vari Stati che hanno armi nucleari, e fra questi e gli Stati sprovvisti di armi nucleari. Un simile dialogo deve essere inclusivo, coinvolgendo le organizzazioni internazionali, le comunità religiose e la società civile; esso deve essere orientato verso il bene comune e non verso la protezione di interessi particolari. “Un mondo senza armi nucleari” è un obiettivo condiviso da tutte le nazioni, del quale si sono fatti portavoce i leader mondiali, come pure l’aspirazione di milioni di uomini e donne. Il futuro e la sopravvivenza della famiglia umana si impernia sull’andar oltre a tale obiettivo e assicurarsi che esso divenga realtà».[10]

Nel suo viaggio apostolico in Giappone, il Papa dal memoriale della pace di Hiroshima il 24 novembre 2019, aveva ribadito, con parole toccanti, la sua denuncia delle armi nucleari: «Qui, di tanti uomini e donne, dei loro sogni e speranze, in mezzo a un bagliore di folgore e fuoco, non è rimasto altro che ombra e silenzio. Appena un istante, tutto venne divorato da un buco nero di distruzione e morte. Da quell’abisso di silenzio, ancora oggi si continua ad ascoltare il forte grido di coloro che non sono più. Provenivano da luoghi diversi, avevano nomi diversi, alcuni di loro parlavano diverse lingue. Sono rimasti tutti uniti da uno stesso destino, in un’ora tremenda che segnò per sempre non solo la storia di questo Paese, ma il volto dell’umanità. (..) Ho sentito il dovere di venire in questo luogo come pellegrino di pace, per rimanere in preghiera, ricordando le vittime innocenti di tanta violenza, portando nel cuore anche le suppliche e le aspirazioni degli uomini e delle donne del nostro tempo, specialmente dei giovani, che desiderano la pace, lavorano per la pace, si sacrificano per la pace. Sono venuto in questo luogo pieno di memoria e di futuro portando con me il grido dei poveri, che sono sempre le vittime più indifese dell’odio e dei conflitti. (..) Con convinzione desidero ribadire che l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche, come ho già detto due anni fa. Saremo giudicati per questo. Le nuove generazioni si alzeranno come giudici della nostra disfatta se abbiamo parlato di pace ma non l’abbiamo realizzata con le nostre azioni tra i popoli della terra. Come possiamo parlare di pace mentre costruiamo nuove e formidabili armi di guerra? Come possiamo parlare di pace mentre giustifichiamo determinate azioni illegittime con discorsi di discriminazione e di odio? »[11]

Dopo aver appoggiato con entusiasmo i lavori della Conferenza che ha negoziato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, il Pontefice è intervenuto anche alla prima riunione degli Stati parte al Trattato inviando, il 21 giugno 2022, un messaggio letto da s.e. mons. Paul r. Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali. La guerra in Ucraina era già scoppiata da alcuni mesi, nel messaggio del Papa si avverte la consapevolezza che si sono aperti nuovi scenari di distruzione e morte per cui: «Nel contesto attuale, parlare di disarmo o sostenerlo può apparire paradossale a molti. Ciononostante, – osserva il Pontefice – dobbiamo restare consapevoli dei pericoli di approcci miopi alla sicurezza nazionale e internazionale e ai rischi di proliferazione. Come tutti sappiamo bene, se non lo facciamo, il prezzo è inevitabilmente pagato da un numero di vite innocenti prese e misurato in termini di carneficina e di distruzione. Di conseguenza, rinnovo con enfasi il mio appello a far tacere tutte le armi e a eliminare le cause dei conflitti attraverso l’instancabile ricorso ai negoziati: “Chi fa la guerra dimentica l’umanità”. La pace è indivisibile, e per essere veramente equa e duratura, deve essere universale. È un modo di ragionare ingannevole e controproducente pensare che la sicurezza e la pace di alcuni siano disgiunte dalla sicurezza collettiva e la pace di altri. (..) La Santa Sede è certa che un mondo libero dalle armi nucleari è sia necessario sia possibile. In un sistema di sicurezza collettiva, non c’è posto per le armi nucleari e per altre armi di distruzione di massa. (..) Desidero riaffermare qui che l’uso di armi nucleari, come pure il loro mero possesso, è immorale. Cercare di difendere e di assicurare la stabilità e la pace attraverso un falso senso di sicurezza e un “equilibrio del terrore”, sostenuti da una mentalità di paura e di sfiducia, conduce inevitabilmente a rapporti avvelenati tra popoli e ostacola ogni possibile forma di vero dialogo. Il loro possesso conduce facilmente a minacce del loro uso, diventando una sorta di “ricatto” che dovrebbe essere aberrante per le coscienze dell’umanità.(..) I trattati di disarmo esistenti sono molto più di meri obblighi giuridici. Sono anche impegni morali basati sulla fiducia tra Stati e tra i loro rappresentanti, radicati nella fiducia che i cittadini ripongono nei loro governi, con conseguenze etiche per le attuali e future generazioni dell’umanità. Adesione a, e rispetto per, gli accordi di disarmo internazionali e il diritto internazionale non è una forma di debolezza. Al contrario, è una fonte di forza e di responsabilità in quanto accresce la fiducia e la stabilità. (..) Concludendo, mentre ponete le basi per l’attuazione di questo Trattato, desidero incoraggiarvi, rappresentanti degli Stati, organizzazioni internazionali e società civile, a continuare lungo il cammino da voi scelto di promuovere una cultura di vita e pace basata sulla dignità della persona umana e sulla consapevolezza che siamo tutti fratelli e sorelle».[12]

4. Pace, dignità e Diritti Umani

Com’è noto la Dichiarazione universale dei Diritti Umani ha incontrato forti resistenze nei Paesi islamici, non è stata accettata, fino al punto che ad essa sono state contrapposte varie dichiarazioni islamiche dei diritti umani. Una Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo venne proclamata il 19 settembre 1981 presso l’UNESCO a Parigi. Essa fu preceduta da un intervento presso le Nazioni Unite da parte del rappresentante iraniano Saʿid Rajaie Khorasani, secondo il quale la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo rappresentava “una interpretazione laica della tradizione giudaico-cristiana” che non avrebbe potuto essere attuata dai musulmani senza violare la legge dell’Islam.[13] Si tratta di un testo composto da 23 articoli che segue la falsariga degli articoli della Dichiarazione Universale, ma interviene per limitare il tessuto dei diritti e marcare la supremazia della legge islamica sui diritti della persona. Tanto per fare un esempio, in tema di libertà del pensiero, di fede e di religione, la Dichiarazione universale recita:

«Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere».

mentre nella Dichiarazione islamica del 1981 troviamo:

«Art. 12 – Il diritto alla libertà di pensiero, di fede e di parola:

Ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia, fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. Nessuno, infatti, ha il diritto di propagandare la menzogna o di diffondere ciò che potrebbe incoraggiare la turpitudine o offendere la Comunità islamica».

In seguito gli Stati Membri dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, hanno adottato la Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam (1990). Anche questa Dichiarazione si muove sulla falsariga delle dichiarazioni dei diritti adottate in ambito ONU, rimane ferma, però, in ogni campo la supremazia della legge islamica sui diritti della persona. In particolare viene “”funzionalizzata“” la libertà di espressione del pensiero:

« Articolo 22

a) Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che non contravvenga ai principi della Shari’ah.

b) Ognuno ha il diritto di sostenere ciò che è giusto e propagandare ciò che è buono e mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio secondo le norme della Shari’ah islamica.

c) L’informazione è una necessità vitale per la società. Essa non può essere sfruttata o usata in modo scorretto in modo tale da poter violare le cose sacre e la dignità dei Profeti, sminuire i valori morali e etici o disgregare, corrompere o ledere la società o indebolirne la fede.»[14]

Successivamente  il 15 settembre 1994 il Consiglio della Lega degli Stati Arabi (Lega Araba), ha adottato la Carta araba dei Diritti dell’Uomo, emendata in occasione del Summit della Lega Araba del 22-23 maggio 2004. Si tratta di un documento che fa dei significativi passi avanti rispetto alla precedenti Dichiarazioni e che concepisce anche l’ambizioso progetto di un “Comitato arabo per i diritti umani” sulla falsariga del Comitato per i Diritti umani della Nazioni Unite (OHCHR). [15]

Uno dei risultati più significativi del Pontificato di Papa Francesco è quello conseguito durante il viaggio apostolico negli Emirati arabi (3-5 febbraio 2019) che si è concluso con l’emanazione di uno straordinario Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, concordato con il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb. L’importanza di questo documento sta nel ripudio di ogni forma di integralismo religioso e nella sconfessione di ogni ideologia volta a legittimare lo scontro fra le religioni, attizzato dal dilagare in Europa e nel Medio Oriente del terrorismo islamico sulla scia della barbarica esperienza dello Stato islamico in Siria e in Irak. Con questo documento Francesco supera la frattura storica e antropologica fra l’universo islamico e quello cristiano attraverso il riconoscimento del superiore principio della fratellanza umana. Il Documento è una pietra miliare non solo nei rapporti fra cristianesimo e Islam, indicando come bussole la cultura del dialogo, la collaborazione comune e la conoscenza reciproca, ma si rivolge a tutta la Comunità internazionale con l’appello per porre fine alle guerre e la condanna delle piaghe del terrorismo e della violenza, specialmente quella rivestita di motivazioni religiose. Il documento di Abu Dhabi si basa sullo stesso presupposto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che esiste una sola famiglia umana, che tutti gli uomini nascono liberi e hanno pari dignità.

Utilizzando un linguaggio comprensibile ad entrambe le comunità religiose, il Documento sulla fratellanza umana può essere letto in modo sinottico con la Dichiarazione Universale dei Diritti umani, partendo dalla premessa che, in qualche modo richiama il Preambolo della Dichiarazione Universale:

«In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.

In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera. (..)

In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.

In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.

In nome della» fratellanza umana «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali. In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.

In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.

In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede. In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.

In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio».

Partendo da questa premessa, il Pontefice ed il Grande Iman di Abu Dhabi chiedono: «ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.(..)

La storia afferma – prosegue il documento – che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi».

A questo punto il Documento prende di petto il tema dei conflitti generati dall’integralismo religioso e sconfessa l’uso politico delle religioni per seminare la discordia e la violenza nella famiglia umana:

«Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici ed economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.»

Di conseguenza:

«Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.»

Anche il tema della libertà e dei diritti viene rivisitato, con l’effetto di ristabilire – per quanto possibile – i principi della Dichiarazione Universale, superando i limiti delle varie Dichiarazioni islamiche dei diritti umani:

«La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.»[16]

5. L’Ucraina, la NATO che abbaia, il contrasto al partito unico della guerra

Il 24 febbraio 2022 si è fatto buio all’improvviso. Una guerra feroce e catastrofica è scoppiata sul confine orientale dell’Europa, travolgendo i destini di milioni di persone e riverberando i suoi effetti nefasti, a cominciare dall’Europa, in tutto il Mondo. Nel volgere di pochi giorni l’orizzonte di vita dei popoli europei è cambiato bruscamente. Il 24 febbraio non è esploso soltanto un conflitto fondato sulla violenza delle armi, è dilagato in tutt’Europa lo spirito nefasto della guerra, si è materializzata l’immagine del nemico ed è iniziata una mobilitazione bellica della comunicazione, della cultura, delle coscienze. La condanna unanime della azzardata aggressione russa all’ucraina si è trasformata velocemente nella acritica accettazione della logica della guerra. Di fronte a questo disastro, segno tangibile del fallimento della politica di sicurezza e cooperazione in Europa, le principali forze politiche, non solo in Italia, con il conforto del fuoco di sbarramento unanime dei mass media, hanno assunto il linguaggio della guerra e si sono esercitate in una guerra delle parole contro il nemico. Contro il linguaggio della guerra, si è levato il fermo monito di Papa Francesco, che nel suo primo intervento pubblico, all’Angelus del 27 febbraio 2022, ha richiamato il principio pacifista solennemente affermato dall’art. 11 della Costituzione italiana: 

«In questi giorni siamo stati sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra. Più volte abbiamo pregato perché non venisse imboccata questa strada. E non smettiamo di pregare, anzi, supplichiamo Dio più intensamente. Per questo rinnovo a tutti l’invito a fare del 2 marzo, Mercoledì delle Ceneri, una giornata di preghiera e digiuno per la pace in Ucraina. Una giornata per stare vicino alle sofferenze del popolo ucraino, per sentirci tutti fratelli e implorare da Dio la fine della guerra.

Chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio. E si distanzia dalla gente comune, che vuole la pace; e che in ogni conflitto è la vera vittima, che paga sulla propria pelle le follie della guerra. Penso agli anziani, a quanti in queste ore cercano rifugio, alle mamme in fuga con i loro bambini… Sono fratelli e sorelle per i quali è urgente aprire corridoi umanitari e che vanno accolti.

Con il cuore straziato per quanto accade in Ucraina – e non dimentichiamo le guerre in altre parti del mondo, come nello Yemen, in Siria, in Etiopia… –, ripeto: tacciano le armi! Dio sta con gli operatori di pace, non con chi usa la violenza. Perché chi ama la pace, come recita la Costituzione Italiana, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (Art. 11)».[17]

Lo spirito di guerra comporta una divisione manichea dell’umanità, per cui tutto il male sta dalla parte del nemico e tutto il bene dall’altra. Non sono ammesse critiche o dubbi, infatti, nei giornali italiani sono subito state stipulate le liste di proscrizione dei “putiniani”.[18]

Contro la lettura manichea di questi tragici eventi, interviene il Pontefice con una stupefacente chiarezza. Il 24 marzo 2022 intervenendo all’Incontro promosso dal Centro Femminile Italiano sul tema: “Identità creazionale dell’uomo e della donna in una condivisa missione” sfida apertamente la politica di riarmo della NATO, definendola una pazzia:

«Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica. La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno “scacchiere”, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri.

La vera risposta, dunque, non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare.»[19]

Il 19 maggio 2022, in un colloquio con i direttori delle riviste culturali europee dei Gesuiti, Francesco rompe il tabù manicheo e così si esprime:

«D. La Compagnia è presente in Ucraina, parte della mia Provincia. Stiamo vivendo una guerra di aggressione. Noi ne scriviamo sulle nostre riviste. Quali sono i suoi consigli per comunicare la situazione che stiamo vivendo? Come possiamo contribuire a un futuro di pace?

R. Per rispondere a questa domanda dobbiamo allontanarci dal normale schema di “Cappuccetto rosso”: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: “”Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro“”. Ha concluso: “”La situazione potrebbe portare alla guerra“”. Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo.

Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari. Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco.»[20]

 Dopo il fallimento del negoziato di pace fra la delegazione russa e quella ucraina, fatto abortire nell’aprile del 2022 per l’interesse di Stati Uniti e Gran Bretagna al prolungamento della guerra[21], la parola negoziato è stata bandita dai radar della politica ed esclusa da tutti i documenti ufficiali delle autorità politiche europee ed in ambito NATO. Nessun negoziato, nessun compromesso viene proposto, l’obiettivo definito dal partito unico della guerra è uno solo e indiscutibile: la vittoria. Un documento del Parlamento europeo del 6 ottobre 2022 [22] mette in chiaro cosa si intende per vittoria, la possibilità per l’Ucraina “di riacquisire il pieno controllo su tutto il suo territorio riconosciuto a livello internazionale”, ivi compresa la Crimea, nel frattempo divenuta una Repubblica autonoma inserita nella Federazione Russa. Ovviamente i costi umani, l’inutile strage di centinaia di migliaia, se non di milioni di esseri umani, sacrificati per perseguire il mito della vittoria, non vengono minimamente presi in considerazione dalla politica che istiga al prolungamento e all’escalation della guerra.

Contro i dogmi sanguinosi del partito unico della guerra, prende una posizione chiarissima Francesco in nome dell’umanità e del diritto. Non si tratta di una invocazione alla pace puramente dottrinale, il Pontefice, entra nel campo della politica ed invita direttamente al negoziato i due principali protagonisti della guerra. Il 2 ottobre 2022, rivolge un appello accorato: «L’andamento della guerra in Ucraina è diventato talmente grave, devastante e minaccioso, da suscitare grande preoccupazione. Per questo oggi vorrei dedicarvi l’intera riflessione prima dell’Angelus. Infatti, questa terribile e inconcepibile ferita dell’umanità, anziché rimarginarsi, continua a sanguinare sempre di più, rischiando di allargarsi. Mi affliggono i fiumi di sangue e di lacrime versati in questi mesi. Mi addolorano le migliaia di vittime, in particolare tra i bambini, e le tante distruzioni, che hanno lasciato senza casa molte persone e famiglie e minacciano con il freddo e la fame vasti territori. Certe azioni non possono mai essere giustificate, mai! È angosciante che il mondo stia imparando la geografia dell’Ucraina attraverso nomi come Bucha, Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altre località, che sono diventate luoghi di sofferenze e paure indescrivibili. E che dire del fatto che l’umanità si trova nuovamente davanti alla minaccia atomica? È assurdo. Che cosa deve ancora succedere? Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate-il fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili. E tali saranno se fondate sul rispetto del sacrosanto valore della vita umana, nonché della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni. Deploro vivamente la grave situazione creatasi negli ultimi giorni, con ulteriori azioni contrarie ai principi del diritto internazionale. Essa, infatti, aumenta il rischio di un’escalation nucleare, fino a far temere conseguenze incontrollabili e catastrofiche a livello mondiale. Il mio appello si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace. A tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle Nazioni chiedo con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo. Per favore, facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia! Dopo sette mesi di ostilità, si faccia ricorso a tutti gli strumenti diplomatici, anche quelli finora eventualmente non utilizzati, per far finire questa immane tragedia. La guerra in sé stessa è un errore e un orrore!»  [23]

Di fronte all’indifferenza della politica che pianifica la morte di migliaia di giovani e la trasforma in uno strumento al servizio del potere, non si rassegna Francesco e nel messaggio alla Conferenza europea dei giovani a Praga, il 6 luglio 2022, invita a ribellarsi ai potenti che mandano i giovani a morire e propone come modelli due splendidi esempi di obiezione di coscienza:

«Cari giovani, mentre voi state svolgendo la vostra Conferenza, in Ucraina – che non è UE, ma è Europa – si combatte una guerra assurda. Aggiungendosi ai numerosi conflitti in atto in diverse regioni del mondo, essa rende ancora più urgente un Patto Educativo che educhi tutti alla fraternità.

L’idea di un’Europa unita è sorta da un forte anelito di pace dopo tante guerre combattute nel Continente, e ha portato a un periodo di pace durato settant’anni. Ora dobbiamo impegnarci tutti a mettere fine a questo scempio della guerra, dove, come al solito, pochi potenti decidono e mandano migliaia di giovani a combattere e morire. In casi come questo è legittimo ribellarsi!

Qualcuno ha detto che, se il mondo fosse governato dalle donne, non ci sarebbero tante guerre, perché coloro che hanno la missione di dare la vita non possono fare scelte di morte. Allo stesso modo mi piace pensare che, se il mondo fosse governato dai giovani, non ci sarebbero tante guerre: coloro che hanno tutta la vita davanti non la vogliono spezzare e buttare via ma la vogliono vivere in pienezza.

Vorrei invitarvi a conoscere una figura straordinaria di giovane obiettore, un giovane europeo dagli “occhi grandi”, che si è battuto contro il nazismo durante la Seconda guerra mondiale, Franz Jägerstätter, proclamato Beato dal Papa Benedetto XVI. Franz era un giovane contadino austriaco che, a motivo della sua fede cattolica, fece obiezione di coscienza di fronte all’ingiunzione di giurare fedeltà a Hitler e di andare in guerra. Franz era un ragazzo allegro, simpatico, spensierato, che crescendo, grazie anche alla moglie Francesca, con la quale ebbe tre figli, cambiò la sua vita e maturò convinzioni profonde. Quando venne chiamato alle armi si rifiutò, perché riteneva ingiusto uccidere vite innocenti. Questa sua decisione scatenò reazioni dure nei suoi confronti da parte della sua comunità, del sindaco, anche di familiari. Un sacerdote tentò di dissuaderlo per il bene della sua famiglia. Tutti erano contro di lui, tranne sua moglie Francesca, la quale, pur conoscendo i tremendi pericoli, stette sempre dalla parte del marito e lo sostenne fino alla fine. Nonostante le lusinghe e le torture, Franz preferì farsi uccidere che uccidere. Riteneva la guerra totalmente ingiustificata. Se tutti i giovani chiamati alle armi avessero fatto come lui, Hitler non avrebbe potuto realizzare i suoi piani diabolici. Il male per vincere ha bisogno di complici.

Franz Jägerstätter venne ucciso nella prigione dove era rinchiuso anche il suo coetaneo Dietrich Bonhoeffer, giovane teologo luterano tedesco, antinazista, che fece anch’egli la stessa tragica fine.

Questi due giovani “dagli occhi grandi” vennero uccisi perché rimasero fedeli fino alla fine agli ideali della loro fede. Ed ecco la quarta dimensione dell’educazione: dopo la conoscenza di sé stessi, degli altri e del creato, finalmente la conoscenza del principio e del fine di tutto. Cari giovani europei, vi invito a guardare oltre, in alto, per ricercare sempre il senso della vostra vita, la vostra origine, il fine, la Verità, perché non si vive se non si cerca la Verità. Camminate con i piedi ben piantati sulla terra, ma con sguardo ampio, aperto all’orizzonte, al cielo. (..)

E voglio concludere con un augurio: che siate giovani generativi, capaci di generare nuove idee, nuove visioni del mondo, dell’economia, della politica, della convivenza sociale; ma non solo nuove idee, soprattutto nuove strade, da percorrere insieme. E che possiate essere generosi anche nel generare nuove vite, sempre e solo per amore! Amore al vostro sposo e alla vostra sposa, amore alla famiglia, amore ai vostri figli, e anche amore all’Europa, perché sia per tutti terra di pace, di libertà e di dignità.»[24]

L’appello ai giovani di Papa Francesco è stato seppellito dal più gelido silenzio delle Cancellerie, ignorato dai media e contestato apertamente dalla Chiesa cattolica ucraina, che ha anteposto il “patriottismo” all’obiezione di coscienza alla guerra. Dopo due anni di combattimenti e dopo una controffensiva disastrosa lanciata nell’estate del 2023, l’esercito ucraino ha cominciato a risentire della mancanza di uomini da sacrificare sul campo di battaglia. E’ iniziata così la caccia ai giovani da reclutare, anche attraverso l’obbligo di rimpatrio per i residenti all’estero. Secondo quanto ha riportato l’agenzia cattolica KNA, anche il vescovo di Odessa, Stanislaw Szyrokoradiuk ha rotto il silenzio e ha chiesto ai suoi compatrioti, che sono adatti al servizio militare ma sono fuggiti all’estero, di tornare in Ucraina: «Se amiamo la nostra patria, dovremmo difenderla insieme». Un appello in piena regola a non nascondersi e non abbandonare la patria. «Capisco che molti ragazzi ucraini desiderano una vita normale in Europa. Ma allo stesso tempo, ci sono altri giovani che hanno combattuto in prima linea nella guerra contro la Russia per più di due anni. Questo è ingiusto» ha affermato Szyrokoradiuk. [25]

Purtroppo il grido di dolore di Papa Francesco è caduto nel vuoto. Due anni di guerra catastrofica ed il fallimento in un mare di sangue della tanto invocata controffensiva ucraina, non hanno insegnato nulla sull’insensatezza dei massacri in corso alla frontiera orientale dell’Europa. In Europa si è consolidato un partito unico della guerra, in cui confluiscono tutte le forze politiche di centrodestra e di centrosinistra. E’ particolarmente inquietante che il Parlamento europeo, al termine del suo mandato, con l’ultima risoluzione del 29 febbraio 2024[26], abbia continuato a percorrere la strada dell’escalation del conflitto. Secondo il Parlamento europeo non bisogna lasciare nessuna scelta alla Russia, non ci deve essere nessun negoziato per porre fine alla guerra, nessuna mediazione fra gli interessi contrapposti. La guerra deve finire necessariamente con la “vittoria” dell’Ucraina e con la sconfitta della Russia. La vittoria consiste nel recupero manu militari da parte dell’Ucraina di tutti territori perduti a partire dal 2014, ivi compresa la Crimea. In particolare, il Parlamento Europeo: «ricorda l’importanza di liberare la penisola di Crimea, occupata dalla Russia da ormai un decennio – e allo scopo – sostiene gli sforzi dell’Ucraina volti a reintegrare la Crimea, in particolare la piattaforma per la Crimea». Per consentire all’Ucraina di conseguire una vittoria militare, che al momento appare impossibile, bisogna proseguire con la fornitura di aiuti militari all’Ucraina “”per tutto il tempo necessario.“” Il sostegno militare deve essere incrementato quanto bisogna: «per consentire all’Ucraina non solo di difendersi dagli attacchi russi, ma anche di riconquistare il pieno controllo di tutto il suo territorio riconosciuto a livello internazionale». Per questo non ci deve essere più alcuna restrizione alla fornitura di sistemi d’arma più performanti e a lungo raggio: «come i missili TAURUS, Storm Shadow/SCALP e altri  –di cui l’Ucraina ha bisogno, assieme a– moderni aerei da combattimento, vari tipi di artiglieria e munizioni (in particolare da 155 mm), droni e armi per contrastarli». Naturalmente tutto ciò ha un costo, per cui il Parlamento Europeo: «appoggia la proposta secondo la quale tutti gli Stati membri dell’UE e gli alleati della NATO dovrebbero sostenere militarmente l’Ucraina con almeno lo 0,25 % del loro PIL annuo.» Il linguaggio della guerra si alimenta di miti (come lo scontro fra autoritarismo e democrazia) per offuscare la ragione collettiva e occultare la dimensione reale di sofferenza, distruzione e morte che tali scelte politiche producono. Pretendere di disgregare la Russia, staccandone   la Crimea, che dal 2014 costituisce una Repubblica autonoma inserita nella Federazione Russa, in virtù di una decisione assunta pacificamente dalla sua popolazione con un referendum, vuol dire puntare all’umiliazione del nemico, calpestare la volontà delle popolazioni locali, ed escludere ogni possibilità di negoziato. Molto sangue sarà versato e non sarà solo sangue ucraino, destinato ad esaurirsi. Se si continua su questa strada, come ci ha ricordato Macron, sarà inevitabile l’invio di truppe di Stati europei.

In questo quadro desolato in cui tutte le istituzioni politiche nazionali ed europee, sotto la spinta della NATO, lavorano per il prolungamento e l’escalation della guerra e si preparano allo scontro diretto con la Russia, considerato inevitabile, stupisce l’intervento di Francesco che scompagina le carte, il 9 marzo 2024, con un’intervista rilasciata a Lorenzo Buccella, giornalista della Radio Televisione Svizzera.

Alla domanda del giornalista:

«InUcraina c’è chi chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca. Ma altri dicono che così si legittimerebbe il più forte. Cosa pensa?»

Francesco risponde:

«È un’interpretazione. Ma credo che è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare. E ti vergogni, ma se tu continui così, quanti morti (ci saranno) poi? E finirà peggio ancora. Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio con la guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La Turchia, per esempio … Non avere vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggio»[27]

Ci voleva il Papa per rompere il tetto di cristallo delle élite politiche europee, che hanno nascosto sotto la sabbia la parola negoziato e hanno cancellato persino il dubbio che la politica dovesse spendersi per la pace, invece di alimentare la guerra e impiantare nuovi cimiteri. Questa volta la risposta del circo mainstream non è stata il gelido silenzio. Queste parole hanno dato scandalo, da tutte le parti si è levato un vespaio di polemiche, Bergoglio è stato accusato apertamente dal consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak, di essere “”filorusso“”. Il riferimento alla bandiera bianca è stato in malafede interpretato come una richiesta di resa dell’Ucraina. Invece il diritto internazionale pattizio e consuetudinario ci dice che la bandiera bianca è il vessillo che si deve adoperare per rivolgere al nemico la richiesta di negoziato, come previsto dall’art. 32 del Regolamento allegato alla IV Convenzione dell’Aja dell’11 ottobre 1907.

Di fronte all’impazzimento collettivo della politica, le parole di realismo e di umanità del Papa rompono un tabù, aprono uno squarcio nella tela di menzogne, di irresponsabilità e di fanatismo con la quale tutti i principali attori politici cercano di nascondere la realtà di una tragedia che si consuma sotto i nostri occhi e che noi stessi continuiamo ad alimentare. Proseguire la guerra è un’inutile strage. Aprire un negoziato, cercare la mediazione degli interessi contrapposti, invece che la vittoria e l’umiliazione dell’avversario, è l’unica strada per evitare il martirio di un popolo, sacrificato sull’altare degli opposti nazionalismi e di opposte strategie di potenza e per evitare che il conflitto possa ulteriormente degenerare.

Le parole del Papa fanno scandalo perché introducono il “”principio di realtà“”, mettendo in evidenza l’insensata irresponsabilità di una politica che non vuole prendere atto che la guerra non può essere vinta, per cui proseguirla significa provocare terribili sofferenze ai popoli coinvolti, senza ragione alcuna. Dall’estate del 2023, dopo il fallimento della controffensiva ucraina, sono stati soprattutto i militari a mettere in guardia dal proseguimento del conflitto, nel silenzio dei media, sulla base del principio di realtà. Il 20 febbraio 2024 l’ex capo di stato maggiore britannico Lord Julian Richards in una sorprendente intervista alla Bbc ha lanciato un appello a porre fine alla guerra facendo una confessione di verità. Ha avvertito che c’era da attendersi una prolungata guerra di trincea con pochi guadagni di territorio e con migliaia di morti insensate, e ha chiesto la disponibilità dell’occidente a negoziare la «pace in cambio di terra», visto che i guadagni russi erano stati ancora ridotti. Secondo Lord Richards «stiamo chiedendo ai coraggiosissimi ucraini di combattere una guerra che non siamo adeguatamente attrezzati per vincere – non abbiamo nemmeno definito cosa possa significare “vittoria” – e che quindi perderanno. È sempre più il caso di dire che dobbiamo negoziare con i russi».[28]

Con l’intervista alla TV svizzera, il Pontefice è andato oltre il magistero morale della Chiesa, è intervenuto direttamente sul terreno politico, ha parlato come un leader politico, svergognando gli altri leader politici che si sono arruolati nel partito unico della guerra.

Queste parole sono come pietre, vanno al cuore dei problemi per le verità semplici e tragiche che esprimono e mettono in braghe di tela la politica dell’Occidente, disvelandone il volto velleitario e necrofilo. Quello del Papa è un richiamo alla realtà e un monito al rispetto dei valori fondamentali dell’umanità.

6. Defensor iuris humanitatis

In conclusione, in un epoca storica in cui i principi dell’ordine pubblico internazionale, posti a base della fondazione dell’ONU e della Dichiarazione Universale dei Diritti umani, sono degradati fino al punto di restaurare la guerra come strumento ordinario al servizio della politica; in cui sono stati rinnegati i processi di distensione e collaborazione internazionale, che avevano avuto il loro culmine nell’indimenticabile 1989; in cui ai processi di disarmo è stata sostituita una forsennata corsa agli armamenti, anche nucleari, fino al punto che le lancette del Doomsday Clock (l’orologio  dell’apocalisse) sono state spostate a soli 90 secondi dalla mezzanotte, quando nel 1991 le lancette indicavano 17 minuti; in cui il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha dichiarato che i membri della NATO devono prepararsi a un possibile scontro con la Russia che potrebbe durare decenni e ha definito, per la prima volta la NATO “”un’Alleanza nucleare“”; in cui il Presidente serbo Aleksandar Vucic in una drammatica intervista al settimanale svizzero Weltwoche, paventa che: «ci restano solo tre o quattro mesi prima della catastrofe»[29]; in quest’epoca drammatica il Pontefice si affaccia alla Storia come l’unico leader politico a livello mondiale che si oppone alla catastrofe e lo fa  rivendicando le ragioni del diritto, di quel patrimonio morale che aveva fatto balenare, dalle tenebre della Seconda guerra mondiale, la visione di un’umanità liberata per sempre dal ricatto della violenza, dal flagello delle guerre e degli olocausti. Al di là dell’aspetto religioso, sotto il profilo politico la sua figura si staglia nella Storia come Defensor iuris humanitatis.


[1] H. Kelsen, Peace through Law, New York, Garland Publishing, Inc., 1973, pp. 58, 135, trad. it. Torino, Giappichelli, 1990.

[2] R. La Valle, Prima che l’amore finisca, Ponte alle Grazie, Milano, pag. 197

[3] A. C. Cialdino, Guerra (dir. Intern.), in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, pag. 874

[4] I. Mancini, L’ethos dell’Occidente, Marietti, Genova, 1990

[5] Papa Francesco, messaggio alla 52ma giornata mondiale per la pace, 2019, in Vatican.va

[6] Discorso all’Assemblea Generale dell’ONU, New York, 25 settembre 2015

[7] Udienza generale, Biblioteca del Palazzo apostolico, 10 marzo 2021

[8] Papa Francesco, enciclica Fratelli tutti, 2020 in Vatican.va

[9] Messaggio del Santo Padre Francesco alla conferenza dell’ONU finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari, che conduca alla loro totale eliminazione, Vaticano 23 marzo 2017

[10] Messaggio di Papa Francesco alla Conferenza di Vienna sull’impatto umanitario delle armi nucleari, 2014 in Vatican.va

[11] Discorso del Santo Padre Francesco, Memoriale della Pace (Hiroshima), domenica, 24 novembre 2019

[12]L’Osservatore Romano, Anno CLXII n. 140, martedì 21 giugno 2022, p. 3.

[13] S. A. Aldeeb Abu-Sahlieh, Les Musulmans face aux droits de l’homme, Dr. Dieter Winkler, 1994, p. 674

[14] Cfr E. Pace, La Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam, in Pace, diritti dell’uomo, diritti dei popoli (2/1992), CEDAM

[15] Il testo è pubblicato da Università degli Studi di Padova unipd-centrodirittiumani.it

[16] Papa Francesco, Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, Abu Dhabi, febbraio 2919, in Vatican.va

[17] Papa Francesco, Angelus del 27 febbraio 2022, in Vatican.va

[18] Sulle liste di proscrizione redatte dai principali quotidiani italiani, si veda: M. Travaglio, Scemi di guerra, Paper first, 2023

[19] Papa Francesco, Discorso al Centro femminile italiano, marzo 2022 in Vatican.va

[20] E’ cominciata la terza guerra mondiale, in chiesadituttichiesadeipoveri.it

[21] Un ampio e dettagliato resoconto delle trattative di pace fra Ucraina e Russia, svoltesi nel mese di marzo 2022, fallite per il boicottaggio del Premier inglese Boris Johnson, è stato pubblicato dalla rivista “Foreign Affairs” del 16 aprile 2024, ripreso dal Fatto Quotidiano del 18 aprile 2024

[22] Risoluzione del Parlamento europeo del 6 ottobre 2022 sull’escalation della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina (2022/2851(RSP))

[23] Papa Francesco, Angelus del 2 ottobre 2022, in Vatican.va

[24] Papa Francesco, Messaggio alla Conferenza dei giovani, luglio 2022, in Vatican.va

[25] secondo quanto ha riportato l’agenzia cattolica KNA, 3 maggio 2024, in Peacelink.it

[26] Risoluzione del Parlamento europeo del 29 febbraio 2024 sulla necessità di un fermo sostegno dell’UE all’Ucraina dopo due anni di guerra di aggressione della Russia contro il Paese (2024/2526(RSP))

[27] Il testo integrale dell’intervista è consultabile su chiesadituttichiesadeipoveri.it

[28] Citato da M. Kohler, il Manifesto del 14 giugno 2024

[29] Citato da M. Travaglio, il Fatto Quotidiano del 21 giugno 2024

Admin

Admin

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *